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Applied Linguistics

University, School

Realgymnasium Meran

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Philip M. ©
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Programma d’italiano


Giovanni Verga e il Verismo


La costruzione dell’Italia unita

Nel 1861 si svolsero le prime elezioni del primo Parlamento italiano. Aventi diritto al voto erano però solo possidenti che sapevano leggere e scrivere e avevano superato i 25 anni d’età. I membri del Parlamento erano quindi solo borghesi. I problemi che il Parlamento doveva affrontare erano:

- unificazione degli ordinamenti e dei codici

- il disavanzo del bilancio

- il divario tra nord e sud

- l’analfabetismo

- completamento dell’unità nazionale

Nell’Italia unita non c’erano regioni autonome e l’ordinamento piemontese venne (Statuto Albertino) esteso su tutto lo stato. Oltre ciò fu introdotta una moneta comune a tutte le regioni, l’obbligo del servizio militare, due anni di scuola gratuiti e obbligatori e le tasse sui consumi per riempire le casse dello Stato. Le regioni non sentivano però che i loro interessi venivano realizzati dallo Stato.

Per loro lo stato era solo fatto per incassare le tasse e per chiamare alle armi.


Il brigantaggio e la questione meridionale

I contadini volevano la distribuzione dei terreni rubati loro dai latifondisti (Großgrundbesitzer), ma poiché nessuno realizzava i loro interessi, si rifugiarono nelle montagne e iniziarono con il brigantaggio. I briganti venivano sostenuti finanziariamente dal Papa e dai Borboni che erano contro lo stato italiano.

I briganti saccheggiavano (plünderten) i paesi, uccidevano i possidenti (Grundbesitzer) e politici locali e davano fuoco ai registri locali.

Anche i contadini sostenevano i briganti, poiché per le loro azioni erano una sorta di vendetta contro i nobili.

Il governo, invece di migliorare le condizioni dei contadini del sud, aveva inviato l’esercito a occupare le zone. La repressione (Unterdrückung) causó tanti morti, nel 1965 il brigantaggio era stato eliminato, ma la miseria e l’oppressione (Unterdrückung) erano rimasti uguali ( = questione meridionale, rimasta irrisolta fino ad oggi).


Urbanizzazione ed emigrazione

Il secondo 800 e la prima parte del 900 erano caratterizzati dall’emigrazione: con lo sviluppo industriale, le città si espansero. Vicino alle aree industriali furono costruiti dei quartieri per gli operai. In questo periodo non c’era solo l’emigrazione dalla campagna alla città, ma anche dall’Italia all’America.


L a questione di una lingua comune

Quando l’Italia fu unificata, gli abitanti parlavano tutti dialetti diversi e si sentiva il bisogno di unificare la lingua, usando il dialetto fiorentino. Nelle scuole vennero inseriti insegnanti che conoscevano bene questo dialetto per insegnarlo agli studenti. All’unificazione della lingua contribuirono anche questi fattori:

- il servizio militare, che conduceva i soldati da un posto all’altro dell’Italia

- la burocrazia statale, che conduceva gli impiegati da un posto all’altro dell’Italia

- gli scambi e gli affari commerciali

- la nascita di nuovi strumenti di comunicazione


Giovanni Verga: biografia

Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840. Tramite la sua istruzione all’Istituto Antonio Abate entrò in contatto con le idee risorgimentali che influenzarono le sue prime opere. Si trasferì poi a Firenze, dove conobbe Luigi Capuana, un teorico del Verismo, e pubblicò alcune opere di successo.

Nel 1872 si trasferì a Milano, dove divenne membro (Mitglied) di alcuni circoli letterari tramite i quali conobbe le opere dei naturalisti francesi, che lo portarono a provare di promuovere (fördern, anregen) anche in Italia le idee naturaliste, creando un nuovo tipo di romanzo. In questi anni nasce anche la problematica della questione meridionale che influenza molto Verga portandolo a rivolgere la sua attenzione letteraria verso il reale e quotidiano.

In questo periodo nacquero le “Novelle rusticane” e il ciclo dei “Vinti”,che però non ebbero gran successo.

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Verga si ristabilì poi a Catania ritirandosi dalla sua attività letteraria. Nei primi anni del 900, però, crebbe di nuovo l’interesse e la stima (Wertschätzung) per le sue opere. Nonostante ciò Verga cominciò a ritirarsi sempre più dalla società e a cercare l’isolamento. Morì poi nel 1922 a Catania.


Il Verismo e il Naturalismo

In generale la letteratura dell’800 viene descritta con il termine Realismo. In Italia questo viene chiamato Verismo e in Francia Naturalismo. Il tema principale è il mondo dei poveri perché ritenuto più vicino alla realtà, al “vero”. Con i naturalisti francesi Balzac, Zola e soprattutto Flaubert ha inizio un nuovo modo di scrivere antiromantico e con un’oggettività scientifica.

In Italia il rappresentante più importante è Giovanni Verga e nella lirica Giosuè Carducci.


La poetica verista

L’approdo al Verismo

I primi romanzi di Verga erano romantici e sentimentali, ma il suo stile mutò, influenzato dai romanzieri del realismo francese come Balzac, Flaubert o Zola. Ciò avvenne l’anno 1874 con la novella “Nedda”, non più romantica e raccontata secondo il punto di vista del personaggio protagonista, il sentimento non era più l’elemento centrale.


Il programma poetico

Per Verga l’importante era descrivere i fatti come sono accaduti realmente, senza aggiungere l’opinione dell’autore o farne sentire la presenza.


L’ideale dell’ostrica

Secondo Verga qualcuno che abbandona la sua situazione, lascia il suo ambiente e i suoi affetti per migliorare la sua posizione è destinato a fallire e la sua situazione nella quale si troverà sarà ancora peggio di quella iniziale. Come un’ostrica che si stacca dallo scoglio e di conseguenza muore, anche le persone che lasciano ciò che è loro famigliare o la loro situazione sono destinati a fallire.


Il Ciclo dei Vinti

La fiumana dell’progresso

Per il “Ciclo dei Vinti”, Verga si basa sulla teoria dell’evoluzione di Darwin: il progresso si fa a danno dei più deboli. Nel suo ciclo voleva mostrare la situazione dei vinti di tutte le classi sociali, ma poiché con il suo stile era difficile descrivere i personaggi e gli ambienti aristocratici, il ciclo non fu finito.


I Malavoglia”: un romanzo corale

I Malavoglia” è il primo romanzo del “Ciclo dei Vinti”. Il tema centrale di questo romanzo è la lotta per i bisogni naturali. Il romanzo viene definito corale (wie ein Chor, wo keiner heraussticht), perchè non emerge nessun personaggio protagonista: da una parte ci sono gli abitanti del villaggio con i loro pettegolezzi (Klatsch, Tratsch), dall’altra i Malavoglia, fedeli ai loro valori.

L’opera è scritta in dialetto e anche in questo caso Verga cerca di non far intervenire l’autore. “I Malavoglia” non ottenne però l’interesse del pubblico a causa del suo stile inusuale (ungewohnt) e lo sforzo di Verga di produrre anche in Italia una specie di romanzo naturalista, fallì.


Lo stile

Il registro linguistico

La lingua usata da Verga è l’italiano, ma spesso introduce espressioni dialettali dal siciliano che così la fa sembrare molto vicino a quella parlata. (Per far sì che le persone si riconoscano nelle situazioni da lui descritte e si sentano più vicine ai personaggi.)


I dialoghi indiretti consentono a Verga di far dire ai personaggi delle cose che hanno p.es. sentito da qualcun altro, rispettando così il principio dell’impersonalità che prevede la trascrizione dei fatti come sono realmente accaduti. Nel discorso indiretto libero, Verga non introduce chi parla e non usa espressioni come dice che, sostiene che, pensa che e non usa nemmeno le virgolette per segnalare l’inizio e la fine di un discorso.


Il narratore popolare e l’artificio della regressione

Come voce narrante Verga usa un personaggio dell’ambiente in cui si svolge la storia. La voce narrante assume così le opinioni, i valori morali e il modo di pensare delle persone che vivono in quell’ambiente. Non viene descritto il punto di vista dell’autore, ma quello della classe in cui è ambientata la storia. È come se l’autore facesse parte della classe sociale da lui descritta.

Esempio: “Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell’andare randagio e sospettoso della Lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso.”


La crisi di Verga

Prima Verga scriveva per intrattenere i borghesi e le sue opere erano per loro dei passatempi. Poi ha capito che con la letteratura poteva mostrare ai suoi lettori realtà difficili che erano poco conosciute, come p.es. quelle dei contadini e delle persone semplici.


La nuova concezione della letteratura dopo la crisi

Secondo Verga è compito dell’autore descrivere nei suoi lavori situazioni reali e difficili per renderle note anche ai borghesi. Secondo lui la letteratura non ha più lo scopo di intrattenere, ma di informare i lettori sulla realtà.


I quattro principi fondamentali del Verismo

Impersonalità: L’autore fa in modo che il lettore non senta la sua presenza. La storia viene riferita come l’autore stesso l’ha vissuta, senza che si senti la presenza di un narratore.


Oggettività: l’autore non giudica o commenta i fatti. Il suo compito è solo quello di rappresentarli.


Elaborazione di un nuovo linguaggio: i Veristi usano espressioni dialettali e del linguaggio volgare per portare la situazione più vicina al lettore e a fare in modo che lui si identifichi con ciò che accade. Oltre a ciò Verga usa il discorso indiretto libero, ciò significa che non introduce chi parla e non usa premesse come dice che, pensa che, sostiene che,… Spesso il narratore è un narratore popolare che proviene dal luogo dove è ambientata la storia.



Artificio della regressione (regredire = tornare indietro)

In certi racconti Verga usa una persona della storia o che conosce i fatti per raccontarla. Viene chiamata regressione perché l’autore sa di più del narratore, il narratore è più indietro dell’autore.


L’ideologia conservatrice e il pessimismo

Apice e crisi del Positivismo. Con il Verismo di Verga, il Positivismo raggiunge il punto più alto in Italia, ma allo stesso tempo inizia la ridiscesa, poiché lo stile asciutto e la rappresentazione di un mondo senza speranza (Verga p.es. non crede nel progresso) vanno già in direzione del Decadentismo.


Novelle rusticane

Di questa raccolta fanno parte: La roba, Cos’è il Re, Malaria, Libertà, Gli organi, Pane nero, I galantuomini. Tema principale è la lotta per la sopravivenza. Per Verga il popolo del Sud - Italia non ha nessuna possibilità scappare alla miseria.


Cos’è il Re

Al lettighiere Cosimo viene dato l’incarico di portare il re con la lettiga attraverso il paese. Per la visita del re è stato organizzato un corteo con soldati, la banda e tanta gente che voleva assistere all’arrivo del re. Cosimo aveva strigliato le sue mule e le aveva decorate con tanto oro. Durante la festa, però, Cosimo riceve l’incarico di riportare la regina sana e salva a Catania.

Durante il viaggio Cosimo viene assalito dalla paura, poiché sa che il re può decidere tra vita e morte e pensa a cosa potrebbe accadere se la regina non arrivasse illesa (unverletzt) a destinazione. Alla sovrana però non accade niente durante il viaggio.

Alcuni anni più tardi le mule gli vengono sequestrate, poiché Cosimo non ha pagato il debito, e suo figlio si deve arruolare nel esercito. Cosimo non è in grado di comprendere che il re che aveva servito qualche tempo fa non c’è più, adesso ce n’è un altro e attribuisce i suoi problemi al Re e alla Regina, che lui aveva portato sana e salva a Catania.


La Lupa

Nella prima parte del racconto Verga descrive la protagonista, chiamata da tutto il villaggio “la Lupa”, a causa del suo fisico, la cui descrizione sembra quella di una strega, e piochè seduce gli uomini dell’villaggio. Il sopranome la lupa le dà un’aria diabolica. La Lupa ha anche una figlia, Maricchia, che non è però in grado di integrarsi nella società a causa di sua madre.

La Lupa si innamora di Nanni, un contadino, ma lui vorrebbe sposare Maricchia. La Lupa la costringe poi alle nozze con lui. Prima, Nanni è in grado di resistere alle tentazioni di sedurlo della Lupa, ma alla fine cede. La relazione diventa per lui un inferno e prova di liberarsi della suocera, ma lei non ne vuole sapere e preferirebbe morire prima di stare lontano da lui. Alla fine Nanni la uccide.


La roba

Questa novella parla di Mazzarò, che da povero contadino è arrivato ad essere un ricco possidente. Un barone lo aveva assunto per compassione e siccome era abbastanza ingenuo e non bravo negli affari, tutti i sui terreni finirono nelle mani di Mazzarò. Costui era tirchio (geizig), molto legato alle sue proprietà, alla roba, e non apprezzava i soldi, li investiva subito in altri terreni.


I Malavoglia

Trama

Questo romanzo parla di una famiglia di pescatori, i Toscano, chiamati Malavoglia. La famiglia è composta da padron ’Ntoni, il capofamiglia, suo figlio Bastianazzo, marito di Maruzza, e dai cinque nipoti ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia.

Padron ‘Ntoni, per migliorare l’economia familiare, tenta un commercio di lupini, ma la barca con la quale li trasportano affonda e Bastianazzo muore. Con ciò inizia una serie di sfortune per la famiglia. Per pagare i loro debiti devono vendere la loro casa. Luca muore nella battaglia di Lissa. Mena deve rinunciare a sposare Alfio.

Maruzza muore di colera. ‘Ntoni, svogliato nel lavoro e nella ricerca di qualcosa di diverso, si unisce a un gruppo di contrabbandieri, ferisce il brigadiere Don Michele e finisce in galera. Lia scappa dal paese e si prostituisce. Padron ‘Ntoni muore in ospedale a causa della fatica e del dolore. Solo Alessi, che continua il lavoro del nonno, riesce a riavere la loro casa e a sposarsi.

Uscito dal carcere ‘Ntoni ritorna a casa per dare un ultimo addio, senza che nessuno riesca a convincerlo a restare: lui stesso ha compreso che non c’è più posto per lui, perché e diventato così diverso di pochi membri della famiglia che sono sopravissuti.


Ntoni torna a casa dopo cinque anni di prigione e trova la sorella Mena e il fratello Alessi che si è sposato e ha riconquistato la loro vecchia casa. Il ritorno di ‘Ntoni è anche un addio, perché non ha intenzione di restare, ma vuole solo vedere se tutto è ancora come quando se ne era andato. Alessi gli fa vedere la casa e a ‘Ntoni vengono in mente tanti ricordi.

Quando sta per andarsene, si siede ancora su di una siepe vicino al paese e ascolta il mare e i rumori che lo circondano. Non è cambiato nulla nel suo paese, le abitudini degli abitanti sono rimaste le stesse. ‘Ntoni se ne va prima che venga giorno, poiché non vuole farsi vedere da nessuno.


Mastro - don Gesualdo

Trama

Gesualdo Motta ha guadagnato tanti soldi con il suo lavoro e si è conquistato il titolo di “don”, riservato di solito ai notabili (angesehene Menschen). Per superare la sua umile provenienza, sposa Bianca Trao, di famiglia nobile ma decaduta (verarmt). Lei è incinta da un suo ricco cugino che non ha voluto sposarla per la sua povertà e così accetta il matrimonio con Gesualdo come un sacrificio.


Estratto: La morte di Mastro - don Gesualdo

Gesualdo scopre che ha una malattia incurabile. Dapprima cerca di ribellarsi e spera di guarire, ma poi si accorge che non ha senso. Gli verrebbe da distruggere tutta la roba che ha accumulato negli anni passati e vorrebbe potarla con se nel aldilà.

Due signori del paese lo portano poi a Palermo nel palazzo di sua sorella, dove, curato dai migliori medici, torna a sperare in una guarigione.

Sua figlia Isabella gli fa visite e Gesualdo le vuole confidare un segreto e darle il compito di sdebitarsi con alcune persone, ma la figlia non mostra alcun interesse. I due non hanno un buon rapporto e le lacrime e i singhiozzi di Isabella sono solo un metodo per non dover parlare con il padre, esprimono le loro difficoltà a comunicare l’uno con l’altra.

La notte in cui muore, Gesualdo pretende ancora una volta di vedere la figlia, ma il servo, pensando che stia di nuovo facendo i capricci non la fa venire e si innervosisce perché non può dormire. Il giorno dopo quando il servo scopre che Gesualdo è morto, è sollevato e non ha nessuna fretta di andare a informare la famiglia.


Il Positivismo

Il valore della scienza

Il positivismo ha un buon rapporto con la scienza e si basa su di essa. “Positivo” significa preciso, certo, reale, utile. Le basi di questa corrente letteraria vengono fornite da Comte e dalla nella seconda metà dell’800 si diffonde in tutta Europa.

In senso generale Zola (ha influenzato Verga) puó essere definito positivista. È stato influenzato da Claude Bernard (medico) e Hyppolyte Taine (letterato, storico e filosofo).

Il positivismo divide le affermazione delle persone in scientifiche e non scientifiche (si basano sull’osservazione, formulano e verificano le leggi e spiegano i fenomeni)

Il positivismo è contro la metafisica (ció che non puó essere osservato o verificato) e hanno fiducia nel metodo scientifico (esatta e accurata descrizione della realtà, dei fenomeni,…) e quindi che ogni fenomeno puó essere descritto con le stesse regole.


La fiducia nel progresso

Secondo il positivismo le scienze migliorano la società e permette all’uomo di raggiungere il benessere e la felicitá. Comte dice che il progresso è il risultato necessario del precedente e il motore indispensabile del seguente. Ció significa che il progresso è il risultato di ció che c’era prima (das Ergebis von dem was schon war und jetzt überschritten/überboten ist) e che è la cosa necessaria per le cose future (ohne Fortschritt kann es keine Zukunft geben).


Il Decadentismo in Gabriele d’Annunzio


L’io decadente e il romanzo estetizzante

L’individuo separato dalla società

Nella seconda metà dell’800 si sviluppa dal decadentismo una corrente che contraria al Positivismo e al Naturalismo. I decadenti si ritirano in loro stessi, vedono il mondo in modo soggettivo e cercano di scappare dalla società perché non venivano accettati. Gli artisti vivono in un mondo che gli altri non comprendono. Secondo gli artisti decadenti la realtà non puó essere modificata e quindi le loro opere non hanno l’obiettivo di educare.

Si occupavano solo del loro destino individuale.


La sensibilità decadente

Per questi artisti l’arte è il valore piú importante della vita. Solo se si crea il bello ci si puó distaccare dalla vita quotidiana. Ognuno vive per se stesso e si occupa solo di se stesso (individualismo). Gli artisti mostrano questa cosa inserendo nei loro capolavori simboli da decifrare(simbolismo) e mettendo al centro l’individuo che s’innalza al di sopra di tutti nella sua ricerca del superuomo (superomismo-Nietzsche) e la fuga in un mondo raffinato e bello (estetismo).


La cosa piú importante è la ricerca di sensazioni rare e raffinate. Bisogna far sí che la vita sia un’opera d’arte e per raggiungere ció si possono anche dimenticare i valori morali. Per gli esteti non esiste piú bene o male, ma i lavori e le esperienze vengono suddivise a seconda del piacere che producono.


I romazieri

Joris Karl Huysmans (Francia), Oscar Wilde (Inghilterra) e Gabriele d’Annunzio (Italia).


Gabriele d’Annunzio

La contaminazione tra arte e vita

D’Annunzio inizia la sua ascesa (Aufstieg) letteraria all’insegna (im Zeichen) del “dandysmo” che proclama una vita basata sulla bellezza e il piacere. Per vivere una vita così, l’individuo si deve elevare al di sopra della massa e “fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”. Ciò porta con se comportamenti immorali e provocatori.

D’Annunzio è influenzato dalle teorie di Nietzsche e dall’idea del superuomo, che istituisce da solo i propri valori morali, segue il proprio istinto e s’innalza al di sopra delle masse.


La versatilità (Vielseitigkeit) di un autore di successo


L’Estetismo

La vita viene vissuta come un’opera d’arte. Coloro che sono alla ricerca di una vita basata sul piacere devono rinunciare ai valori morali sottomettendoli a quelli estetici. D’Annunzio introduce in Italia l’estetismo sensuale di Huysmans (Francia) e Oscar Wilde. Il suo dandy Andrea Sperelli possiede molte delle caratteristiche estetiche (p.es. passioni e aspirazioni) di D’Annunzio e con questo personaggio l’autore cerca di soddisfare le esigenze del pubblico.

P.es. i borghesi che sono antidemocratici con un gusto raffinato, si rispecchiano in questo personaggio.


La crisi dell’estetismo

Il romanzo “Il piacere” segna un momento di crisi per D’Annunzio. Non si distacca del tutto dal dandy, ma l’innocenza e i buoni sentimenti sottomettono i valori di bellezza. D’Annunzio si accorge che l’esteta non si può più opporre all’ascesa della borghesia.


Il piacere: Trama

Il romanzo inizia con Andrea Sperelli, un gentiluomo che vive a Roma, che sta aspettando una sua vecchia amante, Elena. Mentre sta aspettando al lettore viene proposto un flashback che spiega la loro relazione: dal primo incontro a quando si sono lasciati, perché Elena stava per sposare lord Heathfield (era un matrimonio d’interesse).


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