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Storia contempo­ranea. Dalla fine dell`Ott­ocento alla Seconda Guerra Mondiale

29.398 Words / ~62 pages sternsternsternsternstern Author Ruth F. in Aug. 2017
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Università di Milano

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2016/2017

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Storia contemporanea. Dalla fine dell´Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale

17.02.2017

RIVOLUZIONE INDUSTRIALE.

Prima globalizzazione – 2 Rivoluzione Industriale.

Piano economico, ambito commerciale, politico e culturale.

Imperialismo.

Grandi flussi migratori, nel mondo occidentale che sono connessi alle trasformazioni di carattere economico e all'impatto che hanno sulla società.

Rutto questo è strettamente legato al processo di trasformazione economica e sociale a cui gli storici hanno dato il nome di 2 Rivoluzione Industriale. I Contemporanei non parlavano di una 2 riv industriale in primo luogo perché gli elementi caratterizzanti di questa fase di grande sviluppo dell’industria vengono individuati per DIFFERENZA rispetto alla 1 riv industriale.

La 2 riv industriale si colloca nelle 3 decadi conclusive del XIX secolo 1870-fine 800 mentre la 1 riv industriale ha inizio alla fine del ‘700 ma i caratteri di questi due momenti del processo di industrializzazione sono definiti per differenza e riguardano 3 GRANDI ASPETTI:

  • I paesi coinvolti nel processo di industrializzazione cambiano

  • Vengono utilizzate nuove fonti di energia e i nuovi prodotti

  • Struttura delle imprese e i circuiti finanziari che segnano la nuova fase di sviluppo industriale.

L'altra questione che bisogna tener presente è che il processo di sviluppo industriale, che abbiamo nelle ultime decadi dell’800, ha un impatto fondamentale su 3 aspetti che sono caratterizzanti dell'età contemporanea:

  • Quella che viene comunemente definita nascita della società di massa

  • Rafforzamento degli stati nazionali. In virtù o di conseguenza al ruolo che gli stati assumono all'interno delle economie dei diversi paesi

  • Costruzione degli imperi coloniali

Elementi caratterizzanti della seconda rivoluzione industriale.

Abbiamo detto che vengono differiti per differenza e il primo che abbiamo enunciato riguarda i paesi coinvolti dal processo di industrializzazione, quindi quei paesi che assumono un ruolo di leadership nella dinamica di sviluppo industriale. Quali sono i paesi con un ruolo importante?

  • Inghilterra (leader per eccellenza e culla stessa della riv industriale) Anche nella 1 riv in misura più contenuta e geograficamente più limitata sono coinvolti anche:

  • Francia

  • Belgio

Quindi è un processo che riguarda l’Europa del Nord e che mantiene una determinazione geografica limitata. Con la 2 riv industriale il processo si espande e non soltanto ci sono importanti nuovi attori nel continente europeo come

  • la Germania (che diventa l'altra potenza europea in competizione con la Francia e con la Gran Bretagna)

  • Italia (In misura diversa e limitata a specifiche regioni interne al paese)

  • Impero Russo (come in Italia).

Emergono anche nuovi e importantissimi attori fuori l’Europa come

  • Giappone

  • Stati Uniti

Diventano due attori di primo piano. Inizialmente la rivoluzione si è avuta solo in Europa, mentre ora i confini si espandono e si hanno nuovi attori e la loro presenza è un indice significativo di quella dimensione globale che ormai i processi economici hanno assunto e che è segnata dall’intreccio sia delle reti commerciali sia della circolazione delle materie prime

Questo aspetto dell’intreccio globale degli scambi entra in rotta di collisione con un’altra caratteristica di questi decenni che è l’affermarsi di politiche di tipo protezionistico.

(LIBERISMO --> teoria economica che sta con essa al liberalismo che è una teoria politica. Il liberismo afferma che non c'è bisogno di nessun soggetto regolamentatore dei processi economici, questi si devono sviluppare attraverso dinamiche autonome e libere perché hanno in se una capacita di autoregolamentazione. È la mano invisibile di Adam Smith, teorico del liberismo, nel 1776 scrive “La ricchezza delle nazioni” nel quale dice che il potere politico non deve intervenire nei processi economici perché questi si regolamentano da soli.)

Queste politiche protezionistiche segnano l’ingresso dello stato nel dominio economico. Perché adesso si rende necessario questo? Perché i nuovi paesi che si affacciano al processo di industrializzazione devono farlo sostenendo la concorrenza di paesi che sono a uno stadio avanzato dell’industrializzazione e che sono quindi in grado di produrre di più e sostanzialmente invadono i mercati e li monopolizzano, la soluzione individuata dallo stato per garantire il proprio mercato alla produzione locale e garantire di svilupparsi è quella di innalzare delle barriere doganali che diminuiscano o impediscano l'accesso sui merca.....[read full text]

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Trust e Cartelli consentono alle grandi imprese di muoversi in una condizione di monopolio di singoli settori produttivi. Negli Stati Uniti troviamo una più forte resistenza da parte dello stato a entrare in ambito economico e quindi a controllarlo. Il mancato intervento dello stato favorisce il libero sviluppo dei Trust e Cartelli.

Le prime leggi anti trust si hanno negli Stati Uniti nel 1890 ma impongono dei limiti ad aziende che hanno conquistato il quasi totale monopolio in alcuni settori. Siamo di fronte all’affermarsi dell’oligopolio (concorrenza fra pochi soggetti) all'interno dei diversi mercati.

  • Fonti di energia e nuovi settori produttivi che si affermano con la II riv industriale.

CON LA PRIMA SI PRODUCONO:

  • Carbone (fonte energetica usata dalle imprese in questo momento e le miniere sono un soggetto trainante dell'industria estrattiva)

  • Tessile, ferro (materiale per eccellenza nella prima riv)

NELLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE:

  • Elettricità (più semplice da trasportare, quindi da utilizzare con dislocazioni diverse attraverso i cavi e molto più potente rispetto al carbone)

  • Petrolio (che arriva successivamente all’elettricità)

  • Acciaio (rimpiazza il ferro. Quindi industrie siderurgiche)

  • Chimica (coloranti, medicinali, fertilizzanti, concimi chimici. Forte sviluppo e ha un grande impatto anche sull'agricoltura)

Il processo di industrializzazione ha un certo impatto anche sull’agricoltura perché produce degli effetti di modernizzazione attraverso l’introduzione dell'uso delle macchine nella coltivazione della terra e l'uso di fertilizzanti e concimi che aumentano la produttività delle campagne anche a fronte di una diminuzione della forza lavoro impiegata.

In questi decenni si afferma il TAYLORISMO(Frederik Taylor, esponente di un movimento che studia e afferma l'organizzazione scientifica del lavoro. Un movimento che afferma la necessità di studiare il lavoro in base ai principi della scienza per ottimizzare i tempi e i modi della produzione industriale in modo da arrivare a una maggiore produttività. Non è il singolo operaio che produce un pezzo, ma la produzione di esso è segmentata da singoli movimenti e tempi previsti e alla fine la produzione è maggiore.

L'uomo diventa un ingranaggio della macchina.) il simbolo del taylorismo è la catena di montaggio.


In alcuni paesi come l'Italia o la Russia ad essere toccate dall’industrializzazione sono soltanto aree circoscritte quindi l’impatto del processo di industrializzazione è diverso.

Molti studiosi hanno messo in evidenza come il periodo incluso negli anni della 2 R.I non è caratterizzato da un trend continuo e costante di crescita. Viceversa, il periodo di crescita subisce delle violente interruzioni che corrispondono a specifiche congiunture negative, anni di crisi. La più consistente è quella che va dal 1873-1879 e poi 1882-1884 e 1890-1893.

Sono circoscritti periodi di crisi che interrompono il processo di crescita ma c'è poi una ripresa. Abbiamo delle crisi cicliche.

Le crisi che si susseguono sono percepite come traumatiche. Quello che noi abbiamo è una caduta di prezzi dei prodotti del mercato. La caduta dei prezzi dei prod sul mercato determina un calo dei profitti dell'industria. Aspetto importante perché la crisi non riguardò tanto la produttività ma la redditività. Si produce tanto ci sono le potenzialità per farlo ma si guadagna di meno perché queste sono crisi di sovrapproduzione, di saturazione del mercato che non recepisce tutti i prodotti che provengono dalle industrie in crescita e lo squilibrio della domanda e dell'offerta, a favore dell'offerta implica una caduta dei prezzi e della vendibilità.

L'altro aspetto importante è che queste crisi ebbero una dimensione mondiale, furono crisi che riguardavano in misura più o meno intensa singoli paesi ma i loro effetti attraversarono tutte le economie occidentali perché ormai le interconnessioni fra le diverse economie sono tali da pro.....

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La migrazione italiana con il tempo si fa più frequente (ultimi decenni del secolo), fino a diventare quello più frequente assieme ad Austria e Ungheria. Spesso per l'Italia si pensa solo al Nord America, invece sono molto frequenti anche i paesi del Sud America. Verso il Nord America si emigra sotto il richiamo del potente sviluppo industriale, mentre in sud America ci si reca più che altro per trovare lavoro nella manodopera delle grandi piantagioni.

Rilevante è il caso del Brasile. Per le grandi piantagioni intensive c'è bisogno di una grande manodopera.

In Italia non si emigra da tutte le regioni, ma solo da quelle non toccate dal processo di industrializzazione. Soprattutto dalle regioni agricole del sud e dal Veneto.

Sull’emigrazione italiana hanno un’influenza significativa gli effetti dei mercati globali soprattutto per quanto riguarda i prodotti agricoli. Questo perché la circolazione nel mercato internazionale di cereali prodotti da paesi che attraverso il processo di meccanizzazione dell’agricoltura hanno fatto aumentare la loro produttività, questi possono immettere i loro prodotti a basso prezzo sul mercato e ciò ha un effetto disastroso sull'agricoltura nazionale italiana e quindi è di impulso alla migrazione.

In tutto il mondo occidentale le grandi migrazioni sono strettamente collegate alla crescita dell’industrializzazione che abbiamo in questi anni e ha bisogno di manodopera che è ad essa collegata.

L’emigrazione aumenta la disponibilità di manodopera e favorisce la politica di compressione dei salari nei paesi di arrivo ma ha anche un effetto significativo sui paesi di partenza:

  • Diminuisce la pressione demografica (ci sono meno persone che devono vivere grazie alla redditività ridotta delle campagne italiane.)

  • Ha anche un effetto sulle rimesse (i redditi conseguiti nel paese di emigrazione hanno avuto un’importanza fondamentale nel promuovere lo sviluppo economico anche nei paesi di partenza perché quei denari sono stati investiti nell’economia nazionale e quindi hanno contribuito allo sviluppo di questi paesi.)

R.....

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Questo va messo in relazione al processo di industrializzazione da un lato per le dinamiche che si creavano transnazionali perché è la crescita delle industrie che crea questo mercato del lavoro transatlantico e transnazionale.

Diversa è la situazione se guardiamo le migrazioni fuori dal mondo occidentale. Nella maggior parte dei casi quelle migrazioni rispondono a un tipo di trasformazione economica diversa e cioè a un’estensione delle grandi monocolture di prodotti destinati all’esportazione e che sono sempre più richiesti sul mercato internazionale (soprattutto occidentale). Per esempio grande richiesta di caffè cacao gomma ecc.

In questo caso le migrazioni vanno a fornire manodopera sottopagata a grandi colture estensive che trovano più conveniente reclutare un numero maggiore di persone (visto che la manodopera è poco costosa essendo sottopagata) piuttosto che attivare un processo di meccanizzazione. L’emigrazione non avviene più in un contesto di industrializzazione, ma vice versa va a rafforzare (a spese dei migranti che lavorano in condizioni di sfruttamento) una condizione arcaica del mondo rurale, quella della grande coltura estensiva fondata soltanto sul lavoro umano.

Questo aspetto è rafforzato dalla costruzione dei grandi imperi coloniali perché questi sono attraversati dai grandi traffici internazionali che portano verso occidente i prodotti che sono richiesti dal mercato (caffè, cacao ecc) ma anche le materie prime che sono necessarie per l'industria in pieno sviluppo nei paesi occidentali.

(Esempio cotone dall’India che diventa importantissimo nell’industria tessile britannica.)


Costruzione dei grandi IMPERI COLONIALI.

Dal 1870-1914 vediamo che si verifica un vasto e intenso processo di conquista coloniale paragonabile a quello che si è avuto in età moderna, tra il 1400-1500.

Fino a che punto il colonialismo ottocentesco è di “caratteri nuovi” rispetto al colonialismo di età moderna? Per lungo tempo si è pensato che le due fasi di espansione coloniale avessero forti elementi di continuità?

Il primo che ha messo in discussione l’idea di una semplice continuità è Erik Hosbsbwam che ha scritto un volume “L'età degli Imperi” che va dal 1875-1914 (=periodo di grandissima espansione) lui mette in evidenza che il termine stesso di imperialismo contiene qualcosa di più e diverso rispetto al colonialismo per come si era conosciuto in età moderna; il termine colonialismo comincia a circolare tra gli anni 70-80 dell’800. Lui dice che è una parola nuova che vuole esprimere un fenomeno nuovo e diventa ricorrente negli anni ‘90 del XIX sec.

E vuole indicare una caratteristica del mondo politico contemporaneo di allora. Esistono significative differenze tra l’imperialismo Ottocentesco e il colonialismo che si è sviluppato in età moderna. In primo luogo sono diversi “gli attori” cioè le grandi potenze coloniali che mettono in moto la dinamica della conquista, essi costruiscono imperi coloni.....

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Nello stesso tempo però poiché le possibili conquiste all'interno del continente asiatico sembrano essere arrivate a conclusione, l’interesse si rivolge verso un altro continente che sembra essere meno redditizio e meno favorevole ma è ancora un continente sconosciuto dal punto di vista delle conquiste coloniali e cioè --> AFRICA.

Uno degli aspetti che caratterizza le dinamiche che porta alla costruzione degli imperi coloniali di questi anni è proprio rappresentato dalla SCRAMBLE FOR AFRICAla definì così il quotidiano britannico “Times”cioè la corsa, lotta per l’Africa. Proprio perché il continente africano, di cui si conoscevano solo alcuni limitati territori sulle coste perché in epoche passate erano state il punto d’approdo per il commercio degli schiavi, il continente diventa obbiettivo di conquista delle potenze europee, tant'è vero che per regolamentare quello che poteva essere una corsa alla conquista foriera di drammatiche guerre tra i paesi europee, le grandi potenze tra il 1884-1885organizzarono la CONFERENZA DI BERLINOnella quale le grandi potenze del continente europeo si spartirono l’Africa.




(Carte che mostrano l’espansionismo coloniale in Africa nel 1885 cioè l'anno in cui si chiude la Conferenza Di Berlino. I territori conquistati sono solo quelli sulle coste. L'altra è la cartina dei possedimenti coloniali in Africa nel 1914 che mostra una conquista totale da parte delle potenze occidentali con una netta prevalenza dei francesi e dei britannici.)

(Questa cartina mostra i possedimenti (1914) in tutto il mondo. Questa è una cartina approssimativa perché non mette in evidenza quella che fu la specificità della penetrazione occidentale in Cina.)


In CINA la situazione fu del tutto diversa. Quello che abbiamo in Cina è una situazione diversa perché si tratta di un impero con una vastissima estensione territoriale e sarebbe estremamente difficile da conquistare nella sua interezza e questo comporterebbe un investimento economico dal punto di vista della conduzione della guerra da parte delle potenze occidentali.

Fin dall'inizio delle pressioni occidentali sui confini cinesi, quello su cui si punta è una penetrazione di carattere commerciale che porta le potenze occidentali: Britannici, francesi e tedeschi, ad avere controllo su intere regioni che vengono ritenute particolarmente fruttuose dell’impero cinese. La svolta a quella che fu una sempre più intensa penetrazione degli occidentali in Cina fu data dalle GUERRE DELL’OPPIO (tra il 1839-1842 e tra il 1855-1860) due conflitti armati e la potenza cinese è sconfitta.

Questa sconfitta sancisce la progressiva e sempre più ampia penetrazione commerciale e poi si tratta sempre più di controllo delle regioni da parte degli occidentali sul territorio imperiale cinese. Contro questa presenza avvertita di mero sfruttamento e opposizione contro le leggi del paese si sviluppa alla fine dell’800 un forte movimento di protesta che porta a una serie di rivolte marcatamente anti coloniali che prendono di mira tutti gli stranieri presenti su tutto il territorio cinese che è passata alla storia con il nome di RIVOLTA DEI BOXER. Perché nella traduzione italiana del nome cinese del gruppo promotore di queste rivolte contro la promozione capitalistica occidentale, il nome di questo gruppo era il pugno chiuso di gi.....

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24.02.2017

L'interrogativo era, quanto e in che modo il nuovo impulso è diverso dalla grande colonizzazione del 500? La distinzione, se è così profonda, riguarda anche le ragioni del colonialismo dell’800.

Motivo di riflessione per i contemporanei. Si sviluppa un dibattito che ruota intorno agli aspetti di carattere economico.


JOHN HOBSON economista inglese, liberale (sostenitore del nuovo sviluppo economico della comunità occidentale) nel 1902 pubblica “IMPERIALISM” (prima strutturata analisi critica dell’imperialismo. Secondo lui l'imperialismo è causato dalle crisi di sovrapproduzione concorrenti che hanno portato alla saturazione dei mercati. Trovare nuovi sbocchi commerciali.

Commercio negli imperi commerciali unidirezionale NO. Il commercio è BIDIREZIONALE (dalla madrepatria alle colonie ma anche viceversa).

Le colonie sono si luoghi di sfruttamento ma anche luoghi in cui esistono stratificazioni delle società locali al loro interno.

“A fronte di una debolezza dei mercati interni si è resa necessaria la costruzione dei grandi imperi coloniali”


Nel 1910, la costruzione degli imperi coloniali è uno dei temi trattati nell'opera dell’economista RUDOLPH HILFERDING Opera di grande importanza che si intitola Il capitale finanziario”. Lui èun social democratico. Ha uno sguardo critico sulla società capitalistica. Lui pone l’accento sull’esportazione di capitale monetario verso le colonie, cioè il punto cruciale secondo lui è che l’economia – dei paesi – hanno prodotto un surplus di –

È il bisogno di inv.....

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